Patologie trattate

Trattamento ambulatoriale delle emorroidi

Lo scopo dei trattamenti ambulatoriali è quello di realizzare una fibrosi retrattile nello spazio cellulare sottomucoso con chiusura dei vasi e riconduzione dei pacchetti emorroidari nella sede primitiva.  Si tratta di quattro metodiche che alla fine, come vedremo, ottengono lo stesso risultato.

Per questo difficilmente vengono utilizzate in modo complementare dallo stesso specialista, che si avvale per lo più di un'unica metodica in base all'esperienza e abitudine. Sono indicate nel trattamento di 1° e 2° grado soprattutto se sanguinanti e quindi non devono sostituire l'intervento chirurgico laddove ve ne sia l'indicazione.

La scleroterapia

ScleroterapiaConsiste nell'iniezione di un liquido sclerosante nella sottomucosa intorno al peduncolo vascolare dell'emorroide a livello dell'anello ano-rettale.  L'infiammazione con la successiva fibrosi intorno ai vasi sanguigni porta ad una riduzione di sangue all'emorroide e la fissa alla mucosa riducendo così il prolasso.

La strumentazione è semplice e consiste in una siringa da 10 ml e di un ago n° 18 G (1,20 x 90 mm); bisogna disporre anche, ovviamente, di un anoscopio e di una fonte luminosa.  Vengono usate varie sostanze: il fenolo (5%) in olio di arachidi, il chinino (20%), il sodio tetradecato. Lo scopo di quest'ultimo è quello di provocare una trombosi all'interno dell'emorroide. L'iniezione deve essere effettuata nella parte superiore del gavocciolo emorroidario dove la mucosa è più dilatata.  Bisogna evitare di trattare emorroidi ad impianto basso, sotto la linea pettinea dove esiste sensibilità dolorifica.

L'uso di chinina è controindicato in gravidanza e in presenza di nevrite ottica e dell'VII paio.

L'iniezione va fatta nella sottomucosa, mai intravenosa, e bisogna essere sicuri di non essere accidentalmente penetrati, nel maschio, nel tessuto prostatico. Possono essere praticate una, due iniezioni sclerosanti ogni seduta con una quantità globale di liquido sclerosante di 2-5 ml per ogni iniezione.

Il trattamento può essere ripetuto per 4-6 sedute con un intervallo di 8-15 giorni tra una seduta e l'altra.

Le complicanze immediate di questo trattamento sono date essenzialmente dal sanguinamento a getto attraverso l'orifizio di penetrazione dell'ago. Una pressione digitale per qualche minuto generalmente risolve il problema. In letteratura è stato descritto un caso di morte immediata per shock anafilattico dopo iniezione sclerosante con chinina.

Nell'ora successiva all'iniezione può comparire il dolore di cui il malato deve essere a conoscenza ma che si risolve con l'uso di antidolorifici minori. Nei giorni successivi all'iniezione possono crearsi eccezionalmente delle placche di tessuto alterato con dolore vivo e duraturo e sanguinamento. Dopo due o tre settimane la cicatrizzazione è completa e nel frattempo bisogna evitare ogni trattamento sclerosante.

Va detto comunque che, nonostante le possibili difficoltà tecniche di esecuzione e le rare complicanze, la scleroterapia è un atto innocuo, ben tollerato e con risultati di rilievo laddove l'indicazione è stata corretta.

 

La legatura elastica

Legatura elasticaE' il trattamento ambulatoriale per la patologia emorroidaria più popolare. Lo scopo è quello di applicare un laccio elastico alla base dell'emorroide, il quale riduce il flusso strangolando i vasi nutritizi e rimuovendo una parte della massa emorroidaria.

Produce inoltre una fibrosi nel punto della legatura, fissando così la mucosa e impedendo il prolasso. Lo strumento è costituito da due cilindri concentrici che si muovono uno interni all'altro montati su due assi che determinano il movimento di scorrimento dei cilindri. Il manico è costruito in modo da permettere all'operatore di muovere il cilindro esterno in avanti su quello interno usando una sola mano.

Un laccio di gomma montato sul cilindro interno può così essere fatto scorrere fuori dalla punta dello stesso andando a chiudersi alla base di un gavocciolo emorroidario opportunamente pinzato con una pinza e fatto penetrare dentro il cilindro interno. Bisogna assicurarsi che la legatura sia almeno a 5 mm al di sopra della linea pettinea.

In alcuni casi è possibile iniettare una soluzione sclerosante alla base del gavocciolo sotto l'elastico o congelare il gavocciolo stesso con un criostato con successiva mobilizzazione dell'elastico che ha, in questo modo, delimitato perfettamente l'azione necrotizzante della crioterapia (crioterapia controllata).

Il tessuto strangolato diventa necrotico e cade entro pochi giorni e la ferita si cicatrizza entro pochi giorni per fibrosi.

In un seduta si possono trattare almeno due emorroidi e, di principio, ci si limita a tre-quattro sedute al massimo, distanziate di un mese l'una dall'altra, così che la placca di tessuto alterato abbia il tempo di cicatrizzare prima di una nuova seduta. Il paziente deve evacuare prima di ogni seduta o il giorno seguente, mai nelle ore successive, in modo da evitare un prolasso irriducibile. Vanno prescritti poi dei blandi lassativi.

La regola più importante per quanto riguarda la legatura delle emorroidi è quella di assicurarsi che non venga incorporato tessuto sensibile. Un laccio che provoca dolore immediato dovrebbe essere rimosso subito. Per prevenire questa evenienza bisogna chiedere al paziente se accusa dolore nel momento in cui viene trazionato il gavocciolo emorroidario prima della legatura.

Le possibili complicanze di questo trattamento sono il dolore e il sanguinamento. Il dolore, in forma più o meno intensa, compare nel 25-50% dei pazienti, ed è bene avvertirli a riguardo. Nel 10% circa il dolore che ne deriva è intenso e può costringere all'astensione dal lavoro. Se questo compare a distanza di qualche giorno è spesso dovuto allo sviluppo di una varice esterna trombizzata.

L'emorragia secondaria si verifica nel 2-5% dei casi e può essere grave da richiedere il ricovero in ospedale. Anche di questo, ovviamente, va avvertito il paziente.

 

La crioterapia

Consiste nell'utilizzo del freddo per ottenere il congelamento dei liquidi intra ed extracellulari con una conseguente stasi, trombosi vascolare e necrosi del tessuto emorroidario.

Il congelamento si ottiene per contatto di una sonda raffreddata con protossido d'azoto (punto di ebollizione -70°C) e con azoto liquido (punto di ebollizione -180°C). La sonda è collegata ad un cilindro che contiene il liquido ed il flusso verso la punta viene regolato accendendo e spegnendo un interruttore posto sulla sonda. L'azione congelante del criostato è evidenziata dalla formazione di una palla di ghiaccio sul tessuto emorroidario (e non solo!) per cui si può interrompere il flusso generalmente dopo 30-90 secondi.

Dopo uno o due giorni la parte gonfia è simile ad una emorroide trombizzata e dopo circa una settimana cade.

Attualmente questo trattamento è meno popolare, soprattutto nella sua metodica d'uso tradizionale. Infatti non è sempre possibile valutare l'estensione del tessuto necrotizzato e il dolore, inizialmente poco considerato, sembra essere invece spesso intenso e maggiore rispetto ad altri trattamenti ambulatoriali.

Per limitare i danni dovuti ad una necrosi eccessiva si è soliti far precedere una legatura del peduncolo prima della crioterapia. Si limita così l'estensione in profondità della crionecrosi. Successivamente l'elastico può essere rimosso anche se certuni preferiscono lasciarlo in sede per maggiore precauzione.

L'indicazione di questa metodica è pertanto limitata a emorroidi di 1°, 2° e 3° grado in associazione alla legatura elastica, il prolasso mucoso, la trombosi emorroidaria, le marische, le emorroidi marginali, la tromboflebite marginale. È un trattamento particolarmente indicato in pazienti diabetici, cardiopatici, dializzati cronici e malati ad alto rischio che rifiutano l'ospedalizzazione.

Controindicano l'uso di questa metodica le lesioni che necessitano di conferma istologica, la ragade anale e le patologie al di sotto della linea pettinea. In fase precoce possono comparire odore, prurito, febbre, stanchezza, infezione (sindrome di Fournier), sanguinamenti di vario grado, ascessi anali e ritenzione urinaria. Tardivamente si può assistere a depigmentazione della cute perianale, alla comparsa di un'ulcera cronica, a stenosi e dolore anale persistente.

Si tratta pertanto di un trattamento che ha visto negli anni una progressivo ridimensionamento delle indicazioni e utilizzo e attualmente deve essere considerato complementare.

Fotocoagulati ad infrarossi

Mediante una sorgente di raggi infrarossi viene prodotta nel peduncolo vascolare dell'emorroide una zona delimitata di termocoagulazione. Ne deriva una distruzione del tessuto fino ad una profondità di 3 mm; si ritiene che esso provochi un danno diretto ai vasi nutritizi e la fissazione della mucosa, poiché la ferita si rimargina cicatrizzandosi.

L'apparecchio consiste in un erogatore di corrente collegato ad una pistola. Una lampada alogena al tungsteno (14 Watt) posta sulla punta della pistola che è ricoperta di una sostanza polimerica così da non attaccarsi alla mucosa e poter essere ritirata senza creare lacerazioni, viene attivata con un interruttore a levetta e l'irradiazione di infrarossi prodotta viene concentrata lungo un canale a fibre di quarzo sulla punta della pistola.

È possibile regolare la durata dell'esposizione che va da 0,5 a 2 secondi.

Ciascun pacchetto emorroidario richiede 2 - 3 applicazioni, con sedute intervallate di 10 giorni. Se vengono eseguite nella stessa seduta più applicazioni la distanza tra loro deve essere di almeno 1 cm.

Le complicanze sono rare e di scarsa entità: un lieve sanguinamento, che compare nel 10-20 % dei casi, è dovuto alla caduta dell'escara (placca di tessuto alterato) dopo alcuni giorni; vere e proprie emorragie sono molto rare. Il dolore è presente nel 5% dei pazienti trattati.

L'indicazione di questo trattamento è l'emorragia emorroidaria e l'ano rosso emorragico.

È inoltre di prima scelta in certe rettiti o anorettiti emorragiche, specificamente dopo radioterapia. È indicata infine nei pazienti che presentano intolleranza alle sostanze usate per la scleroterapia.

  

 

 

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